Fiberstorming – INFERNOPARADISO
Descrizione
FIBERSTORMING, il progetto dedicato alla fiber art contemporanea promosso da ArteMorbida nell’ambito del Salone Italia 25WTA World Textile Art, sarà ospite della Fiera di Bergamo in occasione di IFA e BAF – le fiere d’arte antica, moderna e contemporanea – dal 13 al 22 gennaio 2023.
La mostra, che gode del patrocinio di IILA – Istituto Italo Latino Americano, rientra tra le manifestazioni del WTA, organizzazione internazionale che ha celebrato il suo giubileo d’argento con la 10ª Biennale Internazionale di Arte Tessile Contemporanea a partire da ottobre 2022 in molti Paesi del mondo, attraverso saloni nazionali con diversi appuntamenti espositivi e un grande evento al MIFA Miami International Fine Arts.
Il progetto FIBERSTORMING, curato da Barbara Pavan, viene declinato negli spazi della Fiera di Bergamo in un percorso di otto macro installazioni collocate poco oltre l’ingresso e racchiuse sotto l’unico titolo di INFERNOPARADISO. Saranno le opere di Elham M. Aghili, Mariantonietta Bagliato, Michela Cavagna, DAMSS, Lucia Bubilda Nanni, Guido Nosari, il duo Federica Patera e Andrea Sbra Perego, Elena Redaelli a raccontare una pluralità di significati e di interpretazioni di inferno e paradiso, in una crasi ortografica che rispecchia l’ambiguità di ogni definizione assoluta. Così come la classificazione di bene e male è suscettibile di una diversa valutazione a seconda della cultura e dell’epoca che la esprime, il luogo in cui l’uno trova il suo premio e l’altro la sua espiazione assumono forme e rappresentazioni differenti nella diversità di religioni, miti, tradizioni e letterature, non meno che nel punto di vista da cui si osserva un qualunque singolo evento o fenomeno condizionandone il giudizio individuale: una palude è un paradiso per le zanzare, un inferno per gli esseri umani. In un percorso che si muove lungo il crinale incerto e indefinito tra gli opposti, il visitatore attraversa questa terra di mezzo, ibrida, multiforme e stratificata.
Nasce dalla ricerca artistica influenzata da un immaginario che trae le sue origini dal teatro di figura il Serpendrillo di Mariantonietta Bagliato (Bari, 1985), creatura fantastica a metà tra un coccodrillo e un serpente, animali ricchi di riferimenti simbolici e mitologici. Al pari del coccodrillo, questa creatura è sopravvissuta ai diversi cambiamenti climatici adattandosi per sopravvivere anche in una immaginaria era post-umana dominata dai deserti e, come il serpente, evoca il perenne avvicendarsi del ciclo della vita. Alle tracce di questo scorrere del tempo fa riferimento anche Quasi-static, l’opera di Elena Redaelli (Erba, 1981) in cui masse di aggregati di polpa di carta e lana sono mantenuti assieme in modo più o meno stabile, mostrando una trasformazione impercettibile, quasi statica, dove gli stati di sviluppo intermedi sono prossimi all’equilibrio di corpi tendenti verso la vera metamorfosi.
È invece una foresta l’installazione di Michela Cavagna (Biella, 1971), un progetto interamente sostenuto da Piacenza Cashmere, realizzato con materiale di scarto da lavorazione industriale tessile. Blu Forest mantiene i toni anomali della dimensione onirica ed evocano una Natura fredda, invernale, lontana dall’immaginario di una Madre Terra accogliente e consolatoria, in un’idea di foresta che contiene e declina entrambe – la madre e la matrigna. La foresta è riparo, ma è anche piena di voci e di rumori che non riconosciamo, è silenzio e il luogo dove si rifugiano le nostre paure. Ma è anche il ritmo placido del tempo naturale, il sussurro della brezza che muove leggera le foglie e placa ogni ansia. È essa stessa viaggio e meta, dentro e fuori di noi. Inferno3000 è invece il grande pannello dei DAMSS (12 metri di lunghezza per 4 di altezza), un lavoro colossale realizzato in oltre 4.500 ore di lavoro, con più di 200 mq di tessuto. I due artisti (Daniela Arnoldi, ingegnere ambientale e Marco Sarzi-Sartori, architetto), la cui ricerca è da anni rivolta all’uso critico dei materiali tessili imperniato all’upcycling, mettono l’osservatore di fronte all’unico inferno di cui abbiamo traccia visibile e concreta, proprio qui, sulla terra. Siamo noi ad aver trasformato il nostro pianeta in un luogo infernale e dunque l’unica via per la salvezza e il futuro è una responsabilità riconducibile esclusivamente a noi, individui e collettività.
Ruba il canto al gallo silvestre delle Operette morali di Leopardi, Cantico, l’enorme tulle ricamato di Lucia Bubilda Nanni (Ravenna, 1976). Un gallo misterioso, dotato di ragione, che tocca il cielo con la cresta e col becco mentre canta il memento mori al torpore umano per destarlo. Nei 48 metri quadrati di controsoffitto l’artista auspica un nuovo cantico, più creaturale, come un inno alla speranza, il miraggio di un Eden impossibile da dimenticare. Allude a corpi mostruosi e paradossali che si generano nello spazio vuoto tra noi e gli altri l’installazione di Guido Nosari De Danieli (Bergamo, 1984) realizzata durante la residenza Paratissima Factory 2022. Corpi che, se provassimo a dar loro una forma, vestiremmo di abiti ipertrofici che separano interno da esterno in modo da divenire essi stessi corpi. Tessuti che si fanno epidermide tatuata, vestigia di un corpo impossibile che incarna processi fantastici e spaventosi allo stesso tempo.
Iocari serio è l’installazione di Federica Patera (Bergamo, 1982) e Andrea Sbra Perego (Bergamo, 1982), realizzata da tessuti rigenerati da bottiglie di plastica PET, forniti da CARVICO S.p.A. L’opera mutua il titolo dall’omonimo libro di Ioan Petru Culianu, innovativo storico delle religioni del Novecento, e ha nel gioco la sua cifra formale mentre conduce l’osservatore muovendo da un passaggio del testo letterario attraverso il racconto del legame verbale tra il sole e una delle sue teofanie più antiche, il cigno. La comune radice indoeuropea si articola in una successione ramificata di vocaboli in cui valore simbolico e semantico evolvono da un idioma all’altro fornendo una mappa tridimensionale accogliente e giocosa della pluralità di elementi generati da un’unica matrice. Il percorso approda infine a Transition, l’installazione immersiva di Elham M. Aghili (Sassuolo, 1989) che ha la sua cifra nelle forme ibride in bilico tra la vita sommersa marina e la vegetazione emersa terrena. Amplificando le sembianze di una natura percepita che si prende gioco dei nostri sensi e accentuando il contrasto della sua relazione con ciò che le è estraneo, la decontestualizzazione di un piccolo campione che allude all’esperienza del selvatico e dell’addomesticato assume qui un valore simbolico. Mentre terra e mare si ibridano in nuove forme dai confini sfocati, l’opera si interroga sui limiti della nostra percezione, fra reale e virtuale, fra la concretezza della vita materiale e la sua stessa illusione.
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